Rassegna stampa

Una raccolta dei migliori articoli di giornale sulle pubblicazioni della Nuova Ipsa editore di Palermo

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Giornale di Sicilia del 13 giugno 2013
"I tonnaroti di Favignana" in immagini in bianco e nero
 
 

"I tonnaroti di Favignana" in immagini in bianco e nero


Forse il bianco e nero è la scelta più adatta: risaltano i visi segnati dal mare e dal tempo, gli angoli delle tonnare sbrecciati dal vento, il sole che senza ombre sembra più forte. È stata questa la scelta di Stefano Fogato che ha raccolto in un volume, "I tonnaroti di Favignana", pubblicato dalla Nuova Ipsa, due annni di scatti al seguito dei pescatori, poco prima della chiusura della tonnara dell’isola.
Il libro, presentato nei giorni scorsi a Palermo alla Libreria del mare della Cala, con il corredo di alcune immagini proiettate, è una vera e propria testimonianza storica di "mestiere", di fatica e di sudore quotidiano: dalla Camperia, i magazzini dove sono conservati gli attrezzi del mestiere, fino alla mattanza, il giorno della pesca del tonno.
Fogato si è soffermato sui particolari, sui visi degli uomini, sulle àncore più grandi dei cristiani, sulle cordate di uomini e gli occhi fissi dei tonni.
È un percorso di avvicinamento che via via diventa corsa verso la camera della morte, l’acqua che ribolle, i pesci che vengono arpionati e issati sulle barche. Un rito antico e violento che trapassa la vita e tende ad altro: gli scatti raccontano più delle parole, sembra quasi di sentire l’acqua salmastra e rancida, il sangue quasi lattiginoso dei tonni, il mare troppo tranquillo, le urla dei tonnaroti. Stefano Fogato - milanese trapiantato, prima alle Egadi, poi a Parigi dove dal ’91 è fotografo del Thêatre du Soleil di Ariane Mnouchkine, di cui detiene l’esclusiva con Magnum Photos, Martine Frank ed Henry Cartier-Bresson - è un appassionato di tradizioni e facce, oltre ad essere innamorato profondamente della cultura e della natura isolane, a cui sta dedicando un nuovo libro fotografico, "Il bello della Sicilia".
Per "I tonnaroti di Favignana" ha ripescato nel suo archivio scatti del 1991: in quegli anni Fogato viveva a Levanzo e "pescava con i pescatori", sorride lui.
Le fotografie nacquero, allora, dal desiderio di documentare un mestiere che si sentiva già che stava scomparendo: una Pentax Spotmatic al collo (poi sostituita con la Leica tanto amata da Cartier-Bresson, di cui Stefano Fogato sposa appieno l’ideologia) e via in acqua. "Il bianco e nero è stato quasi una scelta obbligata - racconta - lo lavori da solo, lo sviluppi e stampi il negativo. In fin dei conti, non puoi più intervenire, quello che è fatto è fatto".

Insomma, la regola di Cartier-Bressson. "Togliere o aggiungere è impossibile, non serve altro, la fotografia è quella che inquadri e scatti".
E fermi nel tempo, come le urla dei tonnaroti.

Simonetta Trovato