Giornale di Sicilia del 05 dicembre 2012
PALERMO DA SFOGLIARE, TRA VENTENNIO E DOPOGUERRA
Quando la città si svegliò fascista, dalla Grande Crisi ai nobili perduti
C’era una volta un bambino che a sei anni, a Donalegge, oltre Buonfornello, figlio unico, trascorreva il tempo a esplorare gli scantinati della casa degli avi, aprire cassapanche piene di documenti e libri. Vincenzo Prestigiacomo non ha mai smesso di cercare testimonianze della Palermo che fu, a svelare misteri, a raccontare storie. «Se proprio volevo giocare – racconta – costruivo una pista e distruggevo un numero di Rapiditas, ritagliando le fotografie delle automobili. Oggi quella rivista, che raccontava le prime Targa Florio, costa 2000-3000 euro». «La città si sveglia fascista» (168 pagine, Nuova Ipsa editore, 14 euro), è l’ultima prova di Prestigiacomo, un racconto di Palermo attraverso storie e microstorie, dall’avvento delle camicie nere fino al Dopoguerra. Cronache, talvolta sorridenti, di una città non più felicissima, se mai lo fosse per davvero stata.
Chiusa la parentesi splendente del Liberty, in declino il sogno di ricchezza dei Florio, Palermo imbocca un tunnel che porta fino ad oggi. Tanto che uno dei pochi protagonisti positivi è Fulco di Verdura, un aristocratico, l’unico, che trova fortuna lasciando la città. «Ebbe il coraggio di partire – dice Prestigiacomo – e a Parigi divenne un grande artista di gioielli, affascinando con le sue opere Coco Chanel che lo ospiterà nel suo studio. Oggi come allora cu nesci arrinesci, chi va fuori trova la sua fortuna». Per poi tornare a Villa Niscemi, dar vita a feste principesche, lunghe due giorni, dove Cole Porter suona il piano e Fulco intrattiene gli ospiti stranieri con racconti pittoreschi dei delitti in città ai tempi della Controriforma.
Era il 1929 e la Grande Crisi colpisce come oggi. «Molti capofamiglia – dice Prestigiacomo – perdevano il lavoro e non riuscivano più a reinserirsi. Anche i nobili erano in difficoltà e costretti a vendere case e terreni per pagare le tasse. Come capita ad alcuni oggi con l’Imu. Chi allora usciva da Palazzo Butera o da Palazzo Santa Ninfa trovava la miseria nei vicoli. Oggi non è molto diverso. Giorni fa, durante una passeggiata in via Biscottari, un povero mi ha fatto vedere la sua casa: vive con 5 bambini, in uno spazio stretto, il frigo vuoto, i muri pieni di umidità. Anche questa oggi è Palermo».
Fulco di Verdura, con le sue conchiglie-gioiello, incastonate di pietre preziose, è un’eccezione. La maggior parte dell’aristocrazia siciliana dilapida i suoi patrimoni al gioco e, comunque, sceglie di non lavorare, in un tramonto non sempre dorato. «Il barone Giuseppe Fiumegrande – dice Prestigiacomo – per onorare una perdita a chemin de fer, al Circolo Geraci, deve cedere un feudo di 120 ettari di terreno nella Piana di Cinisi. Tornato a casa si uccide». I casi citati nel libro sono tanti, da Raniero Alliata di Pietratagliata che brucia al gioco 200.000 lire in 5 ore (una fortuna nel 1925). A Giuseppe Piccolo di Calanovella che lascia fortune sui tavoli del casinò di Sanremo. «Molti nobili si divertivano tutta la notte, soprattutto giocando d’azzardo nei circoli – racconta Prestigiacomo – e andavano a letto all’alba. Si mangiava alle 3 del pomeriggio. Non badavano ai loro affari, amministratori e campieri si arricchivano alle loro spalle. Se avessero impiegato i loro patrimoni in attività produttive avremmo potuto vedere oggi una Sicilia diversa».
Il titolo del libro allude anche alla capacità palermitana di adattarsi alle nuove situazioni per non cambiare. Infatti la città si sveglia fascista improvvisamente nell’autunno del 1922. «In breve Palermo che stava con Vittorio Emanuele Orlando passò dalla parte delle camicie nere. La verità è che il palermitano è facciolo, come faccio commentare ad un anziano che osserva la sfilata dei fascisti in via Ruggero Settimo al ritorno dalla marcia su Roma». «Il libro – commenta Pierfrancesco Ciano di Cortellazzo, che assiste alla conversazione – testimonia la capacità dei siciliani di adattarsi al nuovo potere, e fare la loro vita, ci fosse o meno Mussolini». Pierfrancesco Ciano, nipote di Galeazzo e di Edda Mussolini, parteciperà oggi (ore 17) alla presentazione del libro all’Archivio storico comunale di via Maqueda, con Eliana Calandra, Pasquale Hamel e Giuseppe Bagnati. Palermo città di contraddizioni, di cui Prestigiacomo ricostruisce l’atmosfera, tra passioni sportive, canzoni struggenti e ritrovi affollati.
«Questo è l’unico posto dove ci si può sedere e aspettare la fine del mondo, consumando una granita con panna», dice Bebbuzzo Sgadari di Lo Monaco seduto alla pasticceria Mazzara. Gay camuffato, uomo di grande cultura e responsabile dello sport fascista, ospita nella sua casa di corso Scinà un cenacolo di amici, tra cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
La Galleria delle Vittorie, in via Maqueda, inaugurata nel 1935, dove ancora negli anni Cinquanta al bar trovavi Renato Guttuso, oggi è a pezzi; la Fiera, aperta nel 1946, è un fantasma. Palermo, dopo la doppia resa al generale alleato Keys nell’estate 1943, la parentesi del separatismo e della banda Giuliano, corre verso il sacco edilizio della Conca d’oro.
Guido Fiorito