Repubblica - Palermo del 17 giugno 2010
Ulisse torna in viaggio e parla la lingua d’oggi
L’incipit è sorprendente: Oh mio talento / non mi tradire adesso / che voglio raccontare / dell’uomo che vagò / per terre e sopra i mari / dopo che vinse / con l’inganno Troia. / Conobbe ingegni e mostri, / patì per se stesso / ma più per i compagni, / che con follia si persero / mangiando vacche sacre / al dio che li punì. Il resto lo è ancora di più.
È l’Odissea di Omero "tradotta" in un italiano moderno. Leggerla è una goduria. Parole nuove per rappresentare emozioni antiche. Anzi, eterne. Tanto per avere un’idea dell’ardita operazione culturale, ecco l’incipit della versione di Ippolito Pindemonte del 1822: Musa, quell’uom di multiforme ingegno / Dimmi, che molto errò, poiché ebbe a terra / gittate d’Iliòn le sacre torri; / Che città vide molte, e delle genti / L’indol conobbe (...). Una bella, abissale, differenza. Tanto per cominciare è sparita la musa, seguita a scia da un folto codazzo di parole desuete.
A cimentarsi con una nuova edizione dell’Odissea questa volta è un avvocato-poeta di 65 anni, Giovanni Monti. Il corposo volume di grande formato, pubblicato da Nuova Ipsa Editore, è corredato dalle coloratissime illustrazioni, in suggestivo stile fumettistico, di Emanuele Diliberto. Entrambi gli autori sono palermitani. L’operazione ha l’imprimatur di Salvatore Nicosia, ex preside di Lettere, grecista di grande prestigio.
Le opere letterarie restano inchiodate alla lingua del momento in cui sono scritte, ma la lingua si evolve con passi lenti che nel tempo diventano distanze incolmabili. Per comprendere poesie, romanzi e racconti nel tempo lungo (il discorso riguarda anche la saggistica) c’è bisogno dell’aiuto di mediatori culturali, che chiosano, spiegano, rendono comprensibili concetti e fonemi seppelliti dalla coltre dell’oblio. Per i capolavori stranieri, vengono in aiuto le traduzioni che, quando ne vale la pena, si susseguono nei secoli. Così quel viaggio di Ulisse per mari e terre perigliosi durato appena dieci anni, poco più di un flash, da tremila anni si perpetua nel mito, grazie alle continue trascrizioni che ne restituiscono vigore.
Questo capolavoro eterno di Omero contiene tutte le possibili esplorazioni dell’universo; di quello che si vede e non si vede, di quello che c’è e che non c’è. E quel desiderio inappagabile di andare oltre, — scaturito dalla rabbia o dalla sete di conoscenza, dalla voglia di vivere un’esistenza degna o dalla frustrazione poco importa — oltre il conosciuto, oltre l’etereo cielo, per squarciarne qualche lembo e spiare dall’altra parte. Mistero, avventura e incoscienza, il mix dei veri eroi.
Le parole sono solo un vestito per dare fisicità alle emozioni. Suoni che vanno e vengono: ogni anno la lingua italiana perde circa seicento lemmi e ne trova altrettanti, mentre nel mondo la metà delle settemila lingue censite è a rischio di estinzione. Da qui la necessità dell’aggiornamento, salvaguardando ovviamente l’accesso diretto all’originale di dotti ed esperti. Anche a costo — come scrive Pindemonte nella traduzione della sua Odissea — di tramutare in volgari mattoni quel capolavoro che i Greci hanno eretto in nobile marmo.
«L’opera di mediazione — scrive Nicosia — svolta di regola da studiosi detentori di un pieno possesso della lingua di partenza e anche di quella di arrivo e, nei casi migliori, in grado di conciliare la distanza dell’originale e la sua "attualità", è destinata a non durare a lungo, soggetta com’è ad un fenomeno di obsolescenza. In effetti, essa persegue una equivalenza tra due realtà diversissime: da un lato un ’opera antica, irrigidita nella sua forma espressiva, di cui gli studi specialistici possono chiarire i dettagli, approfondire la comprensione, migliorare l’interpretazione, ma mai alterare la forma e il senso complessivo; dall’altro una versione di quell’opera in una lingua che, se è attuale nel momento della sua elaborazione, finirà inevitabilmente, in un periodo più o meno breve, con l’apparire "datata" in relazione al normale processo dell’evoluzione linguistica. In sostanza, mentre l’opera originale rimane fissa a prescindere dall’eventuale evoluzione della lingua nella quale fu composta, la traduzione non può reggere a lungo alle trasformazioni dello strumento linguistico dei soggetti ai quali essa è destinata». La consapevolezza in chi scrive — la stessa di chi dà la vita — di sapere che il tempo renderà tutto vecchio.
Centinaia di scrittori in tutto il mondo si sono cimentati con le disavventure di Odisseo (talora proposte anche in prosa): per ricordare i più noti italiani, Vincenzo Monti, a cui l’omonimo autore di questa traduzione dedica il libro, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi e il Nobel Salvatore Quasimodo. Si è invece persa per strada l’annunciata "versione" di Vincenzo Consolo, che continuiamo ad aspettare con curiosità.
È un eroe dalla doppia faccia Ulisse: l’essere affamato di conoscenza e l’antieroe che tocca con mano i limiti umani, la precarietà di ogni viaggio su questa terra. Una dicotomia che lo condanna all’infelicità, anche se tutto sommato snoda la sua vita come dettano la sua volontà e le sue voglie. Varcando le colonne d’Ercole per vagare nei mari tempestosi e tra le correnti infide di ogni giorno.
Tano Gullo