Rassegna stampa

Una raccolta dei migliori articoli di giornale sulle pubblicazioni della Nuova Ipsa editore di Palermo

In questa pagina del sito della nostra casa editrice puoi trovare la lista completa di tutti gli articoli dei principali giornali e testate giornalistiche che hanno effettuato le recensioni dei nostri libri.

L’Indice del 01 marzo 2004
Un’affettuosa distanza
 
 
"Mi sono azzannato la testa di attuare una radicale riforma dell’arte narrativa, alla luce di un antistoricismo assoluto": siamo nel 1952 e a scrivere è Antonio Pizzuto, uno dei narratori più "radicali" del nostro secondo Novecento. La sua riforma - come si vedrà in seguito - rotolerà d’azzardo in azzardo fino ad assumere forme violentemente rivoluzionarie. Un’affermazione così perentoria non è però contenuta in una dichiarazione d’intenti, o se si vuole di poetica, destinata al pubblico: l’abbiamo bensì estratta dal secondo volume del carteggio tra lo scrittore siciliano e il suo conterraneo Salvatore Spinelli (Se il pubblico sapesse... Lettere 1950-1963, che segue di due anni il primo volume: Ho scritto un libro... Lettere 1929-1949).
Amici già negli anni della prima giovinezza, Antonio Pizzuto e Salvatore Spinelli resteranno tali per tutta la vita, coltivando entrambi aspirazioni letterarie e perseguendo con incredibile ostinazione il risultato creativo nelle pause che concedeva loro un lavoro estraneo al mondo delle lettere (poliziotto il primo, avvocato l’altro). Se affetto e tenace inclinazione verso la narrativa sono le solide basi del loro connubio, è difficile immaginare una distanza - francamente, sebbene con bonaria ironia, dichiarata da entrambi in molte di queste missive, più vasta tra le rispettive concezioni estetiche. La distanza che corre tra una serena e brillante retroguardie e un precursore che partendo in perlustrazione solitaria supera di slancio gli avamposti segnati dai suoi compagni più arditi. Fuor di metafora, Pizzuto, di cui Spinelli non comprende "l’inguaribile fobia dell’interpunzione" e la disistima per "i gerundi e i passati remoti ed anche i prossimi", giungerà a una formula estrema di sintesi narrativa, studiatissima e criptata in una virtuosistica difficoltà di lettura tale da scoraggiare anche molti dei suoi ammiratori.
Ora, con l’occasione che ci offre il benemerito editore Nuova Ipsa di Palermo, possiamo apprezzare invece in tutta la sua piana leggibilità l’unico, poderosissimo romanzo che Spinelli scrisse: Il mondo giovine.
Per Spinelli narrare è ancora dar vita a una serie di personaggi interagenti lungo un arco di tempo ben definito, il quale va dal 1881 fino al 1915. Adottando uno stampo di pretta marca naturalista, il narratore, rigorosamente onnisciente e piuttosto impassibile, segue le vicende di due famiglie (corleonese l’una, palermitana l’altra) imparentatesi tra loro, che rampollano, infine, in quel Silvio Zuelli "chiara prefigurazione autobiografica dell’autore, di cui conserva nel nome non poche assonanze", come nota Salvatore Zarcone nell’acuta prefazione al volume.
Romanzo, o saga, familiare, dunque, che sfocia in un Bildunsgroman incentrato sui tormenti di un novello Buddenbrook a cui tocca però una conclusione meno tragica, aperta anzi alla fidente speranza nel proprio destino morale: a fine racconto Silvio guadagna, grazie alla scoperta di una poetica, religiosa fedeltà ai valori del passato di uno zio sedicente ateo, in un sol botto il buon senso, una stimolante maturità e il presagio di Dio: che è un bel modo, bisogna ammetterlo, di chiudere una giornata, altrimenti gonfia di lutto (per la morte del suddetto zio). Ma è anche, Il mondo giovine, un romanzo storico, affresco corale di un’epoca secondo la prospettiva della borghesia cittadina, al momento del suo ingrossarsi tramite l’inturbamento dei parigrado provenienti dalla campagna.
Il flusso del racconto procede a campate larghe, con qualche divagazione di troppo ma certo regolato con ammirevole abilità dall’autore, che si dimostra in possesso di una lingua piana, talvolta limpida, plasmata con perizia sia nei momenti descrittivi che nel dialogato (forse un po’ stucchevole nel paesaggismo lirico a cui talvolta indulge). E se l’ideologia di cui Il mondo giovine è portatore si rivela più vicina a quella manzoniana che a quella verghiana, gli argomenti e persino numerosi spunti aneddotici ci richiamano inevitabilmente alla memoria quella altissima tradizione siciliana che da Mastro, dai Viceré, dai Vecchi e i giovani, sfocia nel Gattopardo. Paragoni che non giovano al bel libro di Spinelli, ridimensionandolo nelle proporzioni di un romanzo ben scritto e di sicuro interesse documentario ma molto lontano dai capolavori appena citati
P. Maccari