Rassegna stampa

Una raccolta dei migliori articoli di giornale sulle pubblicazioni della Nuova Ipsa editore di Palermo

In questa pagina del sito della nostra casa editrice puoi trovare la lista completa di tutti gli articoli dei principali giornali e testate giornalistiche che hanno effettuato le recensioni dei nostri libri.

Giornale di Sicilia del 24 giugno 2016
Il calesse, lo studio e le passioni di Pitrè, medico e cultore della città popolare
 
 
Se il buon Renzo arrivava dall’avvocato Azzeccagarbugli con due capponi, cosa mai avrebbe dovuto tirar fuori per avvicinare un luminare? Magari con la barba lunga, gli occhiali spessi, la fronte curva e un librone pieno di paroloni. Eppure nel corso degli anni, la figura del medico si è sempre andata delineando come un qualcosa di definitivo, a cui si ricorreva soltanto dopo aver esaurito le ricette di famiglia e la fattucchiera dietro l’angolo: dottori della povera gente ne esistevano pochi, medici alto-borghesi, parecchi.

Giuseppe Pitrè apparteneva al primo gruppo, la sua attività professionale lo condusse spesso tra la gente dei quartieri popolari, dove tra l’altro, era nato. Come scrive Giovanna Fiume, «leggendario era il suo calesse trasformato in studio mobile per il lavoro sul campo, attrezzato con tutto l’occorrente per prendere appunti su quanto gli raccontavano, recitavano, cantavano i suoi pazienti e informatori». Ma oltre che medico, Pitrè era un inesauribile ed instancabile raccoglitore: di facce, personaggi, oggetti, scritti, usanze, ninnoli, fiabe e racconti. Curioso come un sorcio, svelto ma tranquillo, ce lo immaginiamo in giro tra i catoi a tastare pance gonfie o teste bitorzolute. I suoi studi sul campo danno vita, nel 1896, al volume «Medicina popolare siciliana» e nel 1910, a «Medici, chirurgi, barbieri e speziali antichi in Sicilia», che oggi Nuova Ipsa ripubblica in veste moderna. «L’amore per la cultura e la passione per la sua diffusione – commenta Claudio Mazza, fondatore della casa editrice palermitana, che guida con il figlio Alessio – ha da sempre caratterizzato le nostre scelte editoriali, convinti che il ricco passato della nostra terra serva da base per una “nuova cultura”».

La riedizione sarà presentata oggi alle 17:30 a Villa Magnisi, sede dell’Ordine dei Medici. Si tratta di un vero e proprio studio storico molto documentato sullo stato dell’arte sanitaria in Sicilia dal 1200 al 1700. Prefazione di Giovanna Fiume, docente di Storia Moderna e di Salvatore Amato, presidente dell’Ordine dei Medici. Sin dalle prime pagine, Giuseppe Pitrè spiega di voler conoscere tutto di medici, chirurghi, speziali e barbieri: la sua divisione è equa, e soprattutto segue una precisa scala gerarchica in salita; ultimo livello, il medico, il più basso, il barbiere e cavadenti. A Pitrè interessa tutto, lo abbiamo già scritto che è di professione, innanzitutto, un curioso: studio, pratiche, esercizio lecito e illecito della professione, ignoranza, gerarchie, costumi, compensi, sentimenti religiosi, condotta morale, secondo Giovanna Fiume l’elenco è forse ancora più lungo. Con Pitrè si entra in una spezieria – da un elenco del 1569, sugli scaffali si trovano «Li compositioni linitivi» come la «diacatolica di Nicolao» o «Li confectioni solitivi» come «Lo diaprunis solitivo di Nicolao»; e gli «xiroppi»: de radicibus cum aceto et sine di rose incarnate di cinco infusioni, di rose sicchi, di paparina di Mesve, de suco fumi terre… – o in un ospedale femminile; si accompagna il dottore nelle visite a domicilio dalla povera gente che spesso paga in natura (sei uova, una visita; un coniglio, un calmante); si conoscono le letture di medici e speziali, i rapporti con le istituzioni, ufficiali ed ufficiose. Insomma, la navigazione avviene sopra e sott’acqua: dagli archivi notarili si scopre l’esistenza dei «patti di guarigione» che garantiscono il pagamento della prestazione solo quando il malato recupera la salute; a scanso di pasticci e incomprensioni, viene depositato il compenso pattuito presso una persona di fiducia.

Sempre gli archivi notarili conservano gli inventari post mortem delle botteghe degli speziali, con gli elenchi minuziosi degli attrezzi del mestiere e delle materie prime usate. Già a fine Settecento sono elencate pinzette, coltelli, forbici, cucchiai, cateteri, speculi, «documenti di ingegnosità, semplicità o di ignoranza dello spirito umano». Dagli stipi dei notai ai cassetti degli archivi comunali: qui sono depositate le disposizioni (Provviste) del Senato cittadino, delle autorità protomedicali e le delibere sulla salute pubblica. Con una doppia curiosità: ai medici ebrei di Palermo (170 tra il 1362 e il 1492), è vietato curare i malati cristiani senza una speciale licenza; e tra i chirurghi ci sono numerose donne. Dopo l’editto di espulsione del 1492 restano nell’isola solo quelli che si convertono al cattolicesimo, i «conversos» a cui il Santo Uffizio dedicava particolare attenzione. Discorso a parte investe i conventi, i sanatori e le mammane, uniti nel comune essere ai margini della sanità ufficiale.
E dai documenti storici per passare a quelli scientifici, in particolare quelli che riguardano la gemmoterapia, metodo naturale di prevenzione e cura delle malattie acute e croniche, umane e veterinarie, che utilizza le proprietà medicinali di estratti ottenuti da tessuti vegetali: domani alle 9:30 se ne discute all’Orto Botanico con studiosi, esperti del settore e produttori.

Simonetta Trovato