Giornale di Sicilia del 06 novembre 2013
Roussel, lo scrittore che morì a Palermo fra troppi misteri
Venerdì 14 luglio 1933. Il facchino viennese Antonio Kreuz del Grand Hotel et des Palmes entra nella stanza 224 del secondo piano e vede il corpo senza vita dello scrittore francese Raymond Roussel. Si tratta di un ricco dandy omosessuale, dai comportamenti stravaganti, che gli insuccessi letterari hanno contribuito a rendere depresso, nevrastenico e dedito alle droghe. Un uomo capace di viaggiare con una Rolls nera lunga 9 metri, con letto, salotto e cucina, che sembra un antenato di un camper (“la casa viaggiante”) oppure di inventare finali geniali per partite di scacchi. Ottant’anni dopo il fatto, il giornalista Antonio Fiasconaro, riprende in Morte d’autore a Palermo (Nuova Ipsa Editore, 114 pagine, 12 euro) il giallo della fine dello scrittore. Oggi (ore 17) la presentazione del volume nello stesso storico albergo, con l’intervento di Vincenzo Prestigiacomo.
Ci sono tutti gli elementi di un romanzo d’appendice. Altri personaggi: l’amante di copertura Charlotte Dufrène; una porta di comunicazione tra le stanze che si apre e si chiude; un misterioso chauffeur; poliziotti e medici legali che sembrano aver voglia di chiudere in fretta il caso. La conclusione è: morte per eccesso di barbiturici. Roussel ne faceva grande uso. Ma per altri, compresi i parenti, è un suicidio, considerato che lo scrittore è giunto in Italia dopo aver chiuso casa a Parigi, licenziati i servitori e corretto il testamento. E a Palermo chiede a un cameriere di aiutarlo a morire, poi si tagliuzza le vene e ancora perde i sensi per i troppi farmaci. In altre giornate apre il balcone di via Ingham (oggi Mariano Stabile) gettando euforico al vento banconote da mille lire.
Tutto chiaro allora? Per niente. Del caso si era già occupato nel 1971 Leonardo Sciascia in Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, uno dei primi volumetti blu della collana “La memoria” di Sellerio. Lo scrittore aveva letto il dossier giudiziario numero 6425 sul fatto, che non è stato più ritrovato. Su quelle tracce Memè Perlini nel 1979 aveva realizzato un film-tv sugli ultimi tre giorni dello scrittore dal titolo Grand Hotel des Palmes. Fiasconaro riprende le fila del giallo cercando di dare la soluzione tra documenti, congetture e combinazioni inquietanti come la finta morte inscenata dal dadaista e oppiomane Jacques Rigaut pochi anni prima nello stesso hotel, per sfuggire alla stessa casa di cura svizzera dove Roussel sarebbe dovuto andare per disintossicarsi.
Viene voglia di riscoprire il letterato Roussel, che fu geniale anticipatore della scrittura automatica dei surrealisti (che l’adoravano) e della scrittura combinatoria o con vincolo dell’OuLiPo (Opificio di Letteratura Potenziale).
Quella dei giochi di parole di Queneau e che porterà Perec a scrivere un testo di 300 pagine (La Scomparsa) senza la lettera “e”. Roussel inventava una frase, cambiava il significato mutando poche lettere e scriveva un libro che iniziasse con la prima frase e finisse con la seconda. Ma l’ultima edizione in italiano di un’opera del “grande magnetizzatore moderno” (Breton), Impressioni d’Africa, risale al 1982.
Se non mancano saggi critici, le sue opere tradotte sono difficilmente trovabili perfino sul mercato antiquario. Un altro mistero.
Guido Fiorito