(di Daniela Giammusso) (ANSA) - ROMA, 21 OTT - Ne un film ne una fiction su Totò. Mi dà fastidio quando qualche attore si mette nei panni di qualcuno che ho conosciuto. Non mi è piaciuto con Modugno e non piacerebbe neanche con Totò. Daltronde chi potrebbe mai interpretarlo? Semmai, potrebbero farlo a fumetti o a cartoni animati. A dirlo, con la sua garbata fermezza, è Franca Faldini, che del principe Antonio De Curtis è stata compagna negli ultimi quindici anni di vita, ospite donore oggi alla presentazione del libro di Giuseppe Bagnati Totò, lultimo sipario (Nuova Ipsa Editore).
Un volume che per la prima volta ripercorre con dettagli inediti tutte le tappe della tournée di A prescindere, ultima e sofferta prova teatrale di Totò, interrotta a Palermo il 6 maggio 1957 per laggravarsi della sua terribile malattia agli occhi. Una tragedia personale sulla quale si innestarono anche tentativi di speculazione e corruzione (con limpresario Remigio Paone che farà causa a Totò) e che Bagnati ricostruisce con le testimonianza di chi visse quei giorni, dal dottor Giuseppe Cascio, che per primo pose lo stop allattore, a Franca Gandolfi, moglie di Domenico Modugno e attrice in compagnia, e poi Lando Buzzanza (che era in loggione allultima replica al Politeama), Federico Fellini, tra rarissime fotografie di scena dello spettacolo e quattro video da visionare su smartphone con codice Qr.
Ero con lui in scena quella sera - racconta oggi la Faldini - Durante lo sketch di Napoleone mi sussurrò: non vedo più nulla, sè fatto tutto buio. Mi sentii morire ma non se ne accorse nessuno perché Totò si lanciò in una sarabanda mimica pazzesca, avanti e indietro sul palco, finchè non uscì dietro le quinte. Proprio in quella tournée Totò conobbe Modugno, non ancora divo. Ricordo cene meravigliose - prosegue la Faldini - Forse siamo stati i primi a sentire O pesce spada, quando alle 3 del mattino Domenico prendeva la chitarra in mano. Seguì un anno terribile, in cui Totò si sottopose a qualunque cura, anche con le sanguisughe e quando finalmente Monicelli lo chiamò per girare Risate di gioia per la prima volta lo vidi piangere, perché, indossando il suo frak di scena, si rese conto di come lo aveva ridotto linattività. Con Monicelli come con Pasolini, di cui allinizio aveva gran soggezione per la sua cultura, il principe De Curtis avrebbe voluto lavorare di più. In generale - ricorda la Faldini - avrebbe voluto fare film di qualità migliore, con storie, regia e attori migliori. Ma la sua disgrazia fu di avere avuto subito successo con film mediocri: dopo i produttori dopo non vollero mai spendere troppo. Tra i progetti mai realizzati, tornare a lavorare con Anna Magnani e soprattutto un film tutto muto, basato solo sul mimo, che gli avrebbe permesso di andare in giro per il mondo e farsi capire ovunque. De Laurentiis e Ponti gli risposero che era un tornare indietro. Invece, quando ho visto The artist mi è venuta così tanta rabbia: aveva capito tutto, sessantanni prima. Oggi Totò sopravvive nei suoi film, che continuano ad andare in onda. Pensare che i produttori, prosegue la Faldini, alla sua morte li avevano dati via a pacchetti a un uomo daffari arabo e a uno che aveva un banco al mercato. Quello che mi stupisce - conclude - è quanto si divertirono i bambini di oggi, che pure sono così cambiati. Ma penso che Totò continui a piacere perché è stato un comico della fame quando lItalia era alla fame, di amore, cibo, lavoro, pace, vestiti. Ora piace ancora perché ci ritroviamo di nuovo con questi problemi che, ahime, non mai stati mai risolti.(ANSA).
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