La Sicilia del 06 luglio 2013
Totò divenne cieco sulla scena di Palermo
Il saggio di Giuseppe Bagnati sul Principe della risata
Dalle luci della ribalta, dell’avanspettacolo, dei riflettori dei set cinematografici, degli “occhi di bue” al buio. Più fitto, tetro. Terribilmente angoscioso. Drammatico. Non tutti sanno che il grande principe della risata Antonio De Curtis, in arte Totò, chiuse anzitempo la sua lunga carriera teatrale con un dramma che non lo abbandonò fino alla morte avvenuta nel 1968: la completa cecità per una coroidite essudativa. E dire che il grande comico napoletano una volta ebbe a dire: «Quando facevo teatro volevo molta luce, per vedere la sala, le facce del pubblico…». Ma scherza pure sulla sua malattia dicendo: «Ho l’occhio policlinico». Totò torna al teatro dopo oltre sei anni trascorsi a “sfornare” decine di film e approda a Palermo e al Politeama nel 1956, con la rivista A prescindere che porterà in tournée in diversi teatri italiani. Sarà la sua ultima apparizione. L’attore, legato da grande affetto al capoluogo dell’isola perché la mamma, Anna Clemente, era nata proprio a Palermo, il 3 maggio 1957 debutta al Politeama con tre spettacoli in calendario fino al 6 maggio. Non può immaginare che proprio a Palermo, la città in cui era nata la mamma che lui chiamava “Nannina” il 2 gennaio 1881, sarebbe potuto essere il luogo della sua “fine” teatrale. Durante lo spettacolo del 5 maggio, Totò sul palcoscenico accusa un malore. L’artista va avanti con la sua rivista, ma dovrà arrendersi, facendo saltare la replica.
A far rivivere il dramma di Totò ci pensa il giornalista palermitano Giuseppe Bagnati, già vice caporedattore capo della redazione romana della Gazzetta dello Sport che ha scritto un libro, Totò, l’ultimo sipario (Nuova Ipsa editore, prefazione di Gianni Riotta) che sarà presentato martedì 9 luglio alle 17 alla Biblioteca comunale di Casa Professa a Palermo.
Bagnati ripercorre la tournée di A prescindere nei teatri italiani, attraverso aneddoti mai raccontati. C’è anche la testimonianza dell’oculista palermitano che visitò l’artista. L’impresario della rivista, Remigio Paone, chiese i danni a Totò e lo portò in tribunale.
A visitare il principe De Curtis è il professor Giuseppe Cascio, docente della clinica oculistica del Policlinico palermitano che ancora oggi ricorda quei momenti. «Dopo lo sketch di Napoleone, Totò piange e si dispera: sono cieco, non vedo più». Ma l’attore riuscirà lo stesso a portare a termine lo spettacolo stracciando gli applausi più calorosi del pubblico. Fuori, tantissimi estimatori gli fanno grande festa e gli chiedono autografi. La gente lo ferma e, come racconta Bagnati, gli chiede come sta. Totò scherza, come è solito fare, malgrado immagina il suo dramma che non gli darà scampo: «Dall’ombelico in giù sto benissimo, chiedete a Franca (Faldini, per 15 anni compagna del principe della risata, ndr)».
Tante le testimonianze offerte dai protagonisti di quella rivista che lasciò non pochi traumi, non solo fisici al celebre attore: Franca Faldini, Franca Gandolfi, moglie di Domenico Modugno, Mario Di Gilio, l’imitatore prediletto da Totò, Lando Buzzanca, allora giovane spettatore dal loggione del Politeama.
Antonio Fiasconaro